Autolesionismo è la tendenza a prodursi sofferenza fisica mediante lesioni corporee o stimolazioni dolorose. Vi sono fondamentalmente due tipi di situazioni:
Nel primo caso si tratta di disturbi del comportamento aggressivo, che accidentalmente provocano lesioni. Il secondo caso invece corrisponde alla nozione vera e propria di autolesionismo, ed è un comportamento ripetuto fino a divenire abituale, in maniera intenzionale anche se talora ingestibile da parte della persona.
In senso figurato rientra nell’autolesionismo anche il masochismo, ovvero la tendenza a provare piacere e a ricercarlo mediante situazioni di costrizione, umiliazione o disagio. In questo caso però il piacere deriva da una componente di rappresentazione mentale oltre all’insieme delle sensazioni corporee.
Vi sono poi una serie di situazioni in cui il soggetto, suo malgrado, si produce lesioni, senza che questo sia il fine del comportamento, come ad esempio in chi si produce lesioni della pelle lavandosi in maniera compulsiva, oppure le lesioni che un soggetto allucinato si procura convinto di avere animali o microspie dentro il corpo e sottopelle.
Contrariamente a quanto si dice a volte a proposito della tossicodipendenza o dell’abuso di droghe, la ricerca del piacere è un movente chiaro e comprensibile, su cui si perde il controllo nel caso della dipendenza. Allo stesso modo, il trovarsi spesso in situazioni di sofferenza in cui ci si è “cacciati” o si rimane fino a toccare il fondo non significa che si cerchi la sofferenza, ma che piuttosto nella ricerca di un piacere e di una soddisfazione ci si è invece imbattuti in una delusione o in una trappola da cui magari è poi difficile uscire.
Il dolore non è di per sé piacere, ma può essere legato al piacere a livello chimico. La stimolazione che genera dolore libera anche sostanze che producono piacere, cosicché le due sensazioni finiscono per sovrapporsi, e l’intensità del dolore diviene la misura del piacere che seguirà.
Nel caso del masochismo, il ruolo assunto di per sé può essere la realizzazione di fantasie gratificanti, ma anche le emozioni di paura o il dolore possono essere l’altra faccia di una reazione chimica che produce stimolazione e piacere.
In altri casi, la manipolazione del proprio corpo produce condizioni disfunzionali che però possono associarsi a piacere, specialmente se il soggetto contemporaneamente si espone a determinati stimoli: è questo il caso di chi pratica atti erotici da solo o con un partner inducendosi asfissia mediante lacci o strangolamento o altro. Tali pratiche talora producono per errore la morte della persona, al culmine dell’atto erotico in cui si cerca di evocare il massimo piacere spingendo al limite l’asfissia.
Una condizione particolare in cui il produrre lesioni non è il fine del comportamento, ma un modo per assumere un ruolo di malato o indurre compassione è quella del “disturbo fittizio” o “falsificazione patologica”, per cui si invita a consultare la sezione relativa.
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