Il termine dipendenza affettiva non corrisponde ad una diagnosi o ad una “nuova” malattia. E’ un termine che si utilizza per descrivere un tipo di situazione nella quale si creano o si mantengono (non si riescono a sciogliere) legami con persone basati su una qualche logica affettiva, che non necessariamente è ancora attuale, né è condivisa. Per affettività si intende la sfera emotiva, e quindi non soltanto il sentimento d’amore, ma anche sentimenti di abbandono, di frustrazione, di fallimento, di rimpianto., di colpa.
Può essere coinvolta una singola relazione che non si riesce a risolvere, o in generale una modalità di intraprendere e stringere i rapporti, che presentano tutti lo stesso problema, serialmente.
Si distinguono anche una modalità passiva, in cui la persona subisce sentimenti di cui vorrebbe liberarsi, ed una attiva, in cui la persona è convinta che gli altri debbano dare riscontro ai sentimenti che prova rigidamente, urgentemente e sistematicamente nella modalità che in quel momento risulta gratificante o rassicurante.
In entrambi i casi la persona soffre, ma cambia la posizione rispetto al problema (devo farmi amare o o l’altro mi deve amare) e la reazione (di prevalente dispiacere, o rabbia). Inoltre, quando vi è un ruolo passivo, può capitare che il partner induca con il suo comportamento la dipendenza affettiva, o comunque se ne approfitti. Quando vi è un ruolo attivo, è la persona stessa che la induce, con un partner complementare, o con un cambiamento continuo di partner.
Come dicevamo, si può trattare di una dipendenza secondo il modello generale delle dipendenze, e quindi di una situazione in cui si ritorna nella stessa situazione problematica nonostante il progetto di distaccarsi, per il prevalere di una spinta verso la persona, o verso persone diverse, che sono vissute come fonte di risoluzione dei propri problemi e di affermazione di sé, al di là dell’intesa, del benessere e del piacere che la relazione produce.
In altri casi non si tratta di questo, ma di una modalità in cui la persona “scivola” facilmente per una caratteristica della sua costituzione mentale, e quindi esprime una tendenza innata, e non una distorsione acquisita. Le due cose comunque si possono combinare, nel senso che chi è predisposto a legarsi in maniera patologica, può tendere ad acquisire una tendenza cronica e sistematica a farlo, fin da subito e in maniera sempre meno compatibile con qualsiasi forma di relazione vera e propria.
Chi soffre per dipendenza affettiva è centrato su un bisogno immediato e perde di vista il senso complessivo della relazione. E’ disposto cioè a sacrificare qualcosa di sé (materialmente o moralmente) pur di avere quello che vuole dalla persona, subito, o spesso e in maniera ripetuta. In alcuni casi sviluppa delle modalità manipolative, o di ricatto indiretto, per sollecitare sensi di colpa, di compassione o quant’altro possa spingere l’altro a assecondare le esigenze o le richieste.
Non è raro che chi soffre di questo problema trovi o selezioni persone che inizialmente sembrano la soluzione al problema, cioè quei tipi che iniziano le relazioni con un gran trasporto, grandi dichiarazioni verbali, gesti collocati in maniera tale da simboleggiare una grande dedizione, e promesse. In una seconda fase questo tipo di apparenze si dissolvono per lasciar posto ad una realtà diversa, senza che la persona riesca a riconoscerla subito, ad accettare di essere stato ingannato, o di essersi illuso, e pericolo di rilanciare il proprio coinvolgimento dentro questa relazione fino a prodursi danni di vario tipo.
Altro rischio è rappresentato dalle relazioni virtuali e dal coinvolgimento in contesti di tipo “settario” o gruppi chiusi che agganciano i membri inizialmente facendoli sentire speciali, apprezzati e desiderati.
La terapia di queste situazioni utilizza innanzitutto le categorie diagnostiche di partenza, per far corrispondere la cura al modello generale che alimenta il meccanismo della dipendenza.
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