Chi ricerca notizie sul disturbo bipolare si imbatte solitamente nella descrizione di quello “maggiore”, un tempo nota come “psicosi maniaco-depressiva”. Il termine “bipolare” invece o anche “ciclotimico” sono utilizzati per indicare una gamma di situazioni di cui gran parte corrisponde al campo dei disturbi minori, quelli cioè in cui la persona comunque conserva la capacità di comprendere ciò che gli accade intorno e non ha idee gratuite (deliranti) su di sé o sull’ambiente.
I disturbi minori (di tipo II, ciclotimico, disturbi di personalità “drammatici”, temperamenti) alterano però il tipo di azioni che si compiono, con ripercussioni proprio sull’ambiente circostante e su situazioni di vita “reali”. Il bipolare “minore” non è alienato, ma proprio per questo i suoi “guai” sono soprattutto di tipo relazionale. Per questo anche, alcuni casi che iniziano molto preso (infanzia, prima adolescenza) e proseguono in maniera continua finiscono poi per coincidere con la “personalità” di chi ne soffre, e sono indicati come “disturbi di personalità” narcisistico, istrionico, borderline, antisociale, passivo-aggressivo. Se parlassimo di una costruzione, diciamo che la personalità è l’architettura esteriore, cioè come l’edificio appare, come si snoda e si sviluppa, come si vede dall’interno camminandoci dentro e salendone i piani; mentre il “disturbo” definito secondo i sintomi presi uno per uno è paragonabile al progetto su carta, con le fondamenta, le misure, le strutture portanti. Le personalità patologiche di tipo “drammatico” (quelle citate poco fa) quindi sono costruite tipicamente su una armatura di bipolarismo.
La presentazione del disturbo bipolare II è solitamente questa in ambulatorio: la persona riferisce depressione e ansia come aspetti da porre all’attenzione del medico, e vi è poi una storia di instabilità, o turbolenza, o esuberanza, o conflittualità, nell’ambito delle relazioni con gli altri (amici, compagni/e, genitori, figli).
L’impostazione generale della persona è data dal suo cervello, che si organizza fin dalla nascita e si esprime con determinati atteggiamenti di fondo (temperamenti), che siamo soliti indicare con il termine di “umore” o “affettività”. Si tratta di varianti, che sono impostazioni generali associate ai gusti, alle abilità, al tipo di atteggiamento e di approccio nei rapporti con gli altri, alla percezione degli atteggiamenti degli altri verso di noi, alla facilità con cui si reagisce o si compiono scelte per avere ciò che si vuole, alla vivacità con cui si pensa, si fanno progetti, si elaborano le esperienze.
Si è abituati a pensare che ad esempio l’intelligenza sia una “dotazione” di partenza, che non è molto modificabile anche se si può allenare, ma anche l’umore, le inclinazioni, l’introversione/estroversione, l’impulsività, la permalosità, l’irritabilità e il rifiuto delle regole imposte, sono tutti aspetti che hanno una loro “costituzione” cerebrale.
L’inizio di un disturbo cambia molto le cose, e di solito coincide con l’inizio di problemi con il mondo circostante, e conseguenti fallimenti o difficoltà nel gestire i propri progetti di vita.
Il disturbo irrigidisce l’individuo, non importa se su una posizione esuberante, polemica, o timorosa, sempre d’irrigidimento si tratta. La persona non ha più l’elasticità per adattarsi alle circostanze senza “buttarsi” tutto da una parte, o per riuscire a conciliare situazioni anche diverse nella stessa vita. Un soggetto che è in fase “ipo-maniacale” (cioè eccitazione minore) tenderà a fare scelte nuove, ad aggiungere esperienze alla sua vita, a fare tutto più intensamente, più superficialmente e all’inizio spesso con maggior soddisfazione, perché è in fase di “conquista” o di “riconquista” magari dopo un precedente periodo negativo. Quando la realtà non è più favorevole, subentra il nervosismo, la rabbia, la polemica con gli altri, la frustrazione “attiva”, con l’incapacità di decelerare e fermarsi a riflettere per cambiare strada, o tornare indietro per riprogrammare i propri obiettivi. In queste circostanze la persona passa ad uno stato “misto” dell’umore, in cui gli atteggiamenti diventano conflittuali. La persona potrà sembrare gretta, meschina, concentrata solo su quel che lo soddisfa sul momento e polemica con gli altri che non lo assecondano o non stendono un tappeto rosso davanti, invidiosa di chi sta avendo più successo, incapace di gestire il rifiuto se non con aggressività o permalosità (narcisismo). Oppure, potrà evidenziarsi la tendenza a provocare reazioni, a “recitare” di fronte agli altri i propri sentimenti dolorosi o negativi per averli come alleati, o istillare sensi di colpa, o ricattarli moralmente. La persona con questi comportamenti (“istrionico”) recupera il proprio ruolo con la funzione “recitativa”, per recuperare terreno su una realtà che lo vede invece retrocedere, o non gli offre quel che invece vorrebbe. Nelle forme estreme, l’istrionico può arrivare a fingere, a mentire, a calunniare, e per sostenere questi comportamenti non è raro che ricorra all’uso di sostanze con cui evitare di sentire imbarazzo, vergogna e di essere più turbolento e drammatico nella sua recitazione. L’individuo borderline si mostrerà insofferente, instabile nel suo esprimere amore e odio (estremi) per le stesse persone, situazioni, o semplicemente nel passare da un sentimento di amore o odio a una totale indifferenza. La modalità borderline prevede l’azione come meccanismo di espressione, per cui abbonderanno gli atti aggressivi o provocatori, gli atti di autolesionismo o comunque i comportamenti a rischio, le fughe, il coinvolgimento affettivo con persone sconosciute o conosciute superficialmente. La variante antisociale implica azioni distruttive, gratuitamente crudeli o di abuso fisico o psicologico delle persone, l’incapacità di provare sentimenti positivi se non a sprazzi (ma in questo caso in maniera totalizzante e radicale), e il rifiuto sistematico delle leggi e delle convenzioni, con la giustificazione delle proprie azioni in nome di ingiustizie subite o di un disprezzo generale per chiunque.
Quando questi atteggiamenti riguardano giovani, che magari utilizzano alcol o droghe, si accentua molto la parte “borderline” e “antisociale”, quindi quella inerente alle azioni, ai guai “materiali”. E’ però comune osservare le forme narcisistiche e istrioniche tra le persone adulte, che durante fasi di eccitamento minore turbano e distruggono equilibri coniugali, rapporti con figli, relazioni lavorative o con amici. Improvvisamente le persone di riferimento sono viste come “nemici” o presunti responsabili di ciò che non è andato nel verso giusto. La vita precedente è descritta come una vita di insoddisfazione, una costrizione, una gabbia, una morte, da cui si volevano liberare. Non di rado in queste circostanze sono i coniugi e/o i figli che chiedono un parere rispetto a rotture coniugali o familiari, angosciate dal comportamento improvvisamente “infantile” e “ostile” di persone a cui erano e sono legate da affetto e da una vita comune. Persone che si sono ai loro occhi “perse” dietro a sogni d’amore quasi fossero tornate adolescenti, oppure a iniziative inutilmente rischiose sul lavoro, o che reclamano una “libertà” d’azione come quella che un adolescente può chiedere ai genitori.
Di contro, la persona che attraversa queste fasi si trova come in una ruota da cui non sembra uscire, tra fasi di accelerazione in cui ha l’impressione di poter dominare l’ambiente, e fasi di caduta in cui si sente fallito, o impantanato, e in cui si rende conto di essersi tagliato fuori dalle sicurezze che aveva.
L’eccitamento minore del disturbo bipolare II non è solo (come spesso lo vivono le persone in fase eccitata) il modo per rompere con il grigiore della vita precedente, ma è anche uno stato che impedisce di refluire nel momento in cui la “vita nuova” smetterà di essere così bella come sembrava, o in cui porrà più problemi che altro. In altre parole, l’eccitamento, anche se minore, è come un morsetto al volante dell’auto che impedisce di sterzare e parcheggiare, o fare inversione e tornare indietro. Prima o poi per una questione di probabilità l’ambiente non sorride più anche a chi lo affronta con il migliore degli umori e degli slanci, ed è in queste circostanze che la “carica” dell’eccitamento minore (ipomania) si trasforma in un attrito, in una carica negativa, rabbiosa, inquieta, senza che a questo riesca a subentrare un naturale raffreddamento.
Spesso queste situazioni sono affrontate facendo riferimento alla personalità, come se fosse una questione a parte rispetto al disturbo dell’umore (bipolare). In questo modo si complica il problema, anziché ricondurlo ad una matrice semplice, su cui iniziare a lavorare (il meccanismo dell’instabilità umorale). Inoltre, la persona può ricevere come idea quella che gli altri, insieme al terapeuta, lo considerino “sbagliato” nel suo carattere, oltre a “disturbato” in termini umorali in quel momento.
Invece, anche e soprattutto le scelte “relazionali” sono condizionate dagli stati d’umore. Anzi, si può dire che il disturbo bipolare II e i disturbi di personalità connessi sono quelli che più spesso si svolgono “insieme” agli altri protagonisti della propria vita, e producono in queste situazioni di sofferenza collaterale.
Ricondurre queste situazioni al tipo di disturbo di fondo è importante per poter utilizzare terapie già “consolidate” e senza contestare alla persona, specie nel primo approccio, le sue scelte come tali, ma facendogli capire come queste possono variare a seconda dell’umore, e soprattutto come una stabilità umorale renda più liberi, più elastici e meno vulnerabili alle illusioni e alle delusioni.
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