Gli episodi di panico dopo l’assunzione di cannabis possono essere seguiti da stati di ansia persistente. Tipicamente, dopo lo spavento acuto dell’attacco, l’attenzione si focalizza su alcuni elementi che persistono, o semplicemente ciò che persiste è l’ansia di non tornare normali, che spinge ad una verifica continua delle proprie sensazioni, percezioni, pensieri e funzioni corporee. Dati gli effetti previsti con la cannabis, è abbastanza logico pensare che alcuni di questi sintomi siano effettivamente parte dell’esperienza euforico-dislettica della cannabis, nella loro versione però sgradevole (depersonalizzazione-derealizzazione, distorsioni percettive etc). Va però considerato che gli attacchi di panico normali includono sintomi del genere, anche se non sono quelli più classici e frequenti, per cui è possibile che i sintomi derivino non tanto dalla cannabis, quanto dal panico. Inoltre, lo spavento della persona è rivolto verso elementi di tipo neurologico, cioè la stessa cosa che capita a chi sperimenta attacchi di panico senza cannabis ma con quei medesimi sintomi.
Se il fenomeno non rientra nei primi giorni, durante cui comunque si può usare una terapia sintomatica, è opportuno farsi visitare.
Si tratta infatti spesso di esordio di disturbi di panico o ossessioni a oggetto “corporeo” (ipocondriache) che sarebbero comunque venute, magari con diverso contenuto, o più avanti nel tempo.
In generale, il trattamento in questi casi non si discosta molto da quello per i disturbi non legati alla cannabis, salvo che per due aspetti.
Il primo è l’impiego di medicinali che possono essere scelti tra quelli che, nell’immediato, attenuano alcune percezioni chiave nel sostenere la preoccupazione del paziente. Va tenuto comunque presente, come vale negli altri casi, che il miglioramento avviene con un ritardo di 2-4 settimane, e dopo una prima fase neutra, favorevole ma anche di transitorio peggioramento.
Il secondo è che l’uso di sostanze tende ad associarsi a disturbi dell’umore, che, specie nei soggetti giovani, possono ancora non essersi espressi, ma devono essere vagliati. Possono emergere durante la terapia antidepressiva, o come fase (eccitata) successiva a quella iniziale di tipo depressivo-ansioso. Può anche darsi che la stessa fase in cui compaiono i sintomi ansiosi sia una fase di down seguente ad una di umore ottimo e disibinizione, durante cui la persona ha usato sostanze senza porsi problemi e averne effetti spiacevoli.
Le percezioni anomale persistenti sono rare. Sono stati descritti casi di disturbi percettivi persistenti, sia con i classici allucinogeni, che con i dislettici minori, ma in questi casi bisogna evitare l’autodiagnosi. La preoccupazione di aver subito danni permanenti a livello neurologico, infatti, condiziona la presentazione dei sintomi: una persona preoccupata propone al medico la diagnosi che teme, per ottenere due cose. La prima è la rassicurazione che non si tratta di un danno permanente; la seconda è di ottenere una cura per quello che è convinto sia un danno permanente. In entrambi i casi, la presentazione dei sintomi indica una diagnosi precisa, che non ha a che vedere i disturbi da dispercezione persistente (PPD) o sigle analoghe.
Se il medico non vi dovesse dare farmaci per le allucinazioni, non c’è niente di strano. Prima è da vagliare che il disturbo non sia una forma comune di panico, ipocondria ossessiva o depressione.
Le fasi depressive che si sviluppano dopo uso di cannabis, spesso precedute da un attacco di panico che interrompe la parte positiva dell’esperienza, sono poi caratterizzate da una durata di settimane-mesi, e – a differenza della semplice reazione di panico – si caratterizzano per una preoccupazione sul danno inguaribile, con un’idea centrale più di probabilità che non di dubbio intrusivo circa la possibilità di essersi “rovinati” il cervello. Queste persone quindi tenderanno, anziché a chiedere rassicurazione, di sperare che ci siano metodi di riparare il danno o di attenuarlo, almeno. Il pensiero in questione costituisce in pratica un nucleo di ideazione depressiva, a connotato ipocondriaco.
Le cure di queste fasi devono vagliare alcune caratteristiche, come la bipolarità. A cannabis cessata, non risultano grosse differenze nel trattamento delle sindromi.
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