Il metadone produce tossicodipendenza ? Non si sostituisce una dipendenza con un’altra ?
La condizione di assuefazione ad un farmaco comporta la suscettibilità all’astinenza se si sospende l’assunzione bruscamente. Questa condizione non ha a che vedere con il concetto di tossicodipendenza, di cui è un aspetto collaterale. I criteri diagnostici per la tossicodipendenza attualmente non prevedono più neanche la condizione di astinenza come elemento necessario. Nella terapia della tossicodipendenza da eroina o morfina o altro oppiaceo d’abuso, il metadone non sostituisce niente. Semplicemente ha anche la proprietà di consentire l’inizio della cura senza passare attraverso l’astinenza, cosa che facilita l’aggancio terapeutico in molte situazioni. Il fatto che le persone siano mantenute in una condizione di assuefazione al metadone, spesso a livelli più elevati di quelli a cui erano assuefatti all’eroina, è semplicemente una caratteristica tecnica del trattamento che permette il “blocco narcotico”: la persona non sentirà più l’eroina se la dovesse usare “sopra il metadone”, ed ha un vincolo relativo (l’astinenza) a breve termine alla terapia cosicché non corre il rischio di essere condotto di nuovo lontano dalla cura per effetto dei pensieri e dei comportamenti che esprimono la sua malattia cerebrale.
L’unico “trucco” per cui il metadone, così come la buprenorfina o la morfina a lento rilascio, possono essere impiegati a scopo terapeutico, è che non sono in grado di indurre tossicodipendenza nelle formulazioni terapeutiche. Questo è dovuto a caratteristiche farmacocinetiche diverse, cioè il modo in cui la sostanza entra e si distinbuisce nel cervello, violento e immediato per l’eroina, lento e ritardato per il metadone.
Ciò è anche la ragione per cui la somministrazione controllata e gratuita di eroina, pur “sostituendo” in questo caso l’eroina di strada, non produce effetti terapeutici sulla tossicomania, ma soltanto neutralizzazione della pericolosità sociale.
E’ meglio un trattamento breve o uno a lungo termine ?
I trattamenti cosiddetti “brevi”, cioè di solito un termine che si usa per indicare i trattamenti sotto i 6 mesi, non hanno uno scopo chiaro. In sei mesi il destino della tossicodipendenza non si modifica mediante nessun tipo di intervento. Il trattamento metadonico non è nato, e non è mai stato applicato per ottenere fini riabilitativi in programmi a breve termine. La riabilitazione presuppone il mantenimento degli strumenti che hanno portato al controllo della tossicodipendenza. Un metodo che riesca a risolvere “per sempre”, cioè tecnicamente a guarire in senso biologico, questa malattia e porti a zero il rischio di ricaduta dopo il completamento di un “ciclo”, al momento non esiste. Al momento dopo le terapie a breve termine viene la ricaduta, con un intervallo di tempo più o meno lungo, oppure la prosecuzione del problema con un’altra sostanza “imparentata” con l’eroina, come l’alcol.
Nonostante questo i trattamenti a breve termine, o addirittura le cosiddette disintossicazioni sono uno degli approcci più frequenti nella pratica, ma non contemplate in ambito scientifico. Il completamento della disintossicazione può essere brillante, ma questo non cambia il rischio di ricaduta, cioè la tossicodipendenza.
Le persone che prendono metadone si sballano ?
L’effetto narcotico, di qualità diversa perché ritardato e non associato a un’euforia acuta, è transitorio perché la persona va incontro ad assuefazione. L’effetto narcotico iniziale non è importante né necessario per l’effetto terapeutico, e corrisponde ad un generico effetto sedativo. Le persone che assumono soltanto metadone a dose costante non mostrano alterazioni di tipo sedativo-ipnotico. Le persona che associano metadone assunto a scopo terapeutico o meno con altre sostanze sono invece di solito riconoscibili, per l’effetto delle sostanze o dell’associazione con il metadone. Si tratta tipicamente di persone che assumono basse dosi di metadone, sotto il livello minimo efficace (60 mg), cioè sotto il livello di blocco narcotico.
Quali sono i vantaggi del trattamento metadonico di mantenimento ?
Le persone in terapia metadonica riescono a riacquistare il controllo sul consumo di eroina, secondo le loro intenzioni. Dato che sono persone che hanno provato ripetutamente e distaccarsi dall’eroina, questo si traduce – se il trattamento è condotto a dosi adeguate – con un distacco graduale e completo.
Si riduce il rischio di contagio con virus quali epatite B, C e HIV, batteri e funghi. Questi effetti sono stati dimostrati anche durante l’epidemia di HIV (chi era in terapia con metadone si è salvato in misura molto maggiore). Fuori dalla terapia il rischio si ripresenta subito con la ricaduta, perché è un rischio collegato ai comportamenti tossicomanici. L’effetto protettivo si verifica perfino in chi continua ad usare, nei primi tempi o anche dopo, oppiacei per via endovenosa, perché in questo caso anche se la malattia non è risolta, si eliminano i comportamenti a rischio come lo scambio di siringhe (in particolare è ridotto il rischio di usare siringhe di altri, anche se invece è mantenuta la disponibilità a far usare agli altri le proprie).
Le persone in terapia metadonica adeguata riacquistano le capacità di genitori, di interazione sociale, di applicazione lavorativa e di produttività. Possono ricorprire ruoli sociali e lavorativi a qualsiasi livello. Riescono a svolgere mansioni di responsabilità e che richiedono attenzione operativa.
Quali sono gli effetti collaterali ?
Può causare riduzione del desiderio sessuale, per ragioni legate ad alterazioni ormonali (prolattina e/o testosterone). Vi può essere ritenzione di liquidi, di solito transitoria e nella fase di aumento-dose. Può indurre appetito e causare aumeno di peso, ma questo effetto è molto variabile da individuo a individuo. In alcune persone può disturbare il ritmo cardiaco, specialmente ad alte dosi e se si associano altri fattori cardiotossici come alcuni farmaci per l’HIV. Si tratta di un effetto che può essere monitorato con l’elettrocardiogramma.
Il metadone è tossico per il fegato ?
Assolutamente no. Migliaia di pazienti con epatite C assumono metadone senza problemi. Anzi, l’epatite C attiva aumenta l’eliminazione del metadone, cosicché spesso è necessario usare dosi per bocca più alte per ottenere una buona risposta. E’ somministrabile a pazienti trapiantati di fegato senza conseguenze sulla funzione del fegato trapiantato.
Il metadone danneggia le ossa ?
Una diceria negli ambienti degli utilizzatori di droghe vuole che il metadone faccia “marcire le ossa” o “ti entra nelle ossa”. Questo fatto non ha basi. Il farmaco non si accumula nel tessuto osseo, non è tossico su di esso. Il perché di questa diceria risiede probabilmente nell’andamento dell’astinenza da metadone: quando qualcuno decide si sospendere il metadone, l’astinenza, anche se non acuta, si protrae per giorni, talvolta per settimane, in maniera sfumata. Uno dei sintomi è un dolore interno, come se fosse appunto di tipo osseo, e un senso di stanchezza e pesantezza. Il tutto somiglia ad una sindrome influenzale con spossatezza e indolenzimento, il che può dare l’idea di qualcosa che è “nelle ossa”, in realtà in una fase in cui se mai se ne sta andando, perché si è in astinenza.
Il metadone è tossico in gravidanza ?
Per fortuna numerosi studi hanno dimostrato che le gravidanze delle tossicodipendenti in trattamento metadonico hanno un esito favorevole, cioè se la situazione è stabile e la persona non usa sostanze, la gravidanza procedere regolarmente. Per motivi tecnici le dosi vanno adeguate nel terzo trimestre, cioè aumentate fino al 30% sotto controllo medico, perché il sangue si diluisce come in tutte le gravidanze, e quindi si diluisce anche il metadone assunto.
I neonati dopo il parto devono essere valutati nei giorni per decidere se effettuare un ciclo di trattamento “a scalare” per i sintomi da sospensione (al momento del parto il metadone materno non arriva più al neonato, il cui organismo si era assuefatto durante la gravidanza).
I ritmi di crescita nei primi tempi possono essere più lenti, ma entro il terzo anno i parametri di crescita sono nella norma, con una fase di crescita rapida più tardiva.
E’ possible una overdose di metadone ?
Come per tutti i farmaci, esistono dosi tossiche e dosi mortali. La morte si verifica per arresto respiratorio. La morte da metadone si verifica dopo le prime ore dall’assunzione di una dose letale, o dopo i primi giorni dall’aumento eccessivo della dose, perché nei primi giorni (solitamente 3-4) il farmaco sale di livello anche mantenendo uguale la dose, poi si stabilizza. Quello che può falsare la situazione è
a) il grado di tolleranza: la dose letale è un mg/Kg, ma se la persona è già assuefatta ovviamente la dose a cui è assuefatto corrisponde ad un livello “zero”. Più alto è il livello di assuefazione, più è difficile ottenere un sovradosaggio letale, anche perché oltre un certo limite i recettori per il metadone sono saturati. E’ lo stesso principio per cui essere assuefatti ad alte dosi di metadone rende improbabile o impossibile tecnicamente l’overdose con altri oppiacei più deboli (eroina).
b) l’associazione di farmaci che interferiscono con l’eliminazione del metadone (antidepressivi per esempio ) o che ne potenziano l’effetto a parità di dose (alcol e tranquillanti per esempio). In questi casi le dosi possono essere relativamente sicure ma se da subito sono associati altri farmaci si può sviluppare intossicazione acuta, fino alla morte.
Il rischio è particolarmente elevato nei bambini, perché ovviamente l’ingestione di una dose unitaria (20 mg o 100 mg) di un flaconcino, che nell’adulto può essere semplicemente sedativa, e a cui l’adulto è magari assuefatto, nel bambino provoca ovviamente la morte, sempre con il livello di 1 mg/Kg.
Se ci si deve operare con il metadone cosa succede ?
I medici devono essere informati. Per l’analgesia, cioè la terapia per non sentire dolore, sono spesso utilizzati farmaci oppiacei, che usano gli stessi recettori del metadone. Su una persona che già assume una certa dose di oppiaceo, per sopprimere il dolore è necessario usare dosi maggiori di analgesico. La persona che assume metadone in manteniemnto infatti ha una sensibilità al dolore normale, perché vi è assuefazione all’effetto analgesico, come a quello narcotico. Il rischio se i medici non sanno che la persona è in trattamento metadonico è quello che l’anestesia funzioni ma l’analgesia no, con conseguente dolore al risveglio (inefficacia dell’analgesia). E’ lo stesso meccanimo che produce il blocco degli effetti dell’eroina. Se i medici adeguano le dosi di analgesico sapendo la situazione, non vi saranno problemi di questo tipo.
Il metadone va preso per tutta la vita ?
Questo non dipende dalla terapia. Ma dalla malattia. Alcune persone hanno una malattia di gravità tale che nonostante anni di terapia, se la sospendono hanno una ricaduta, magari dopo un periodo di benessere iniziale. Mettersi in terapia con metadone non cambia niente di quello che sarebbe potuto accadere, se non in senso migliorativo (terapeutico). Non esiste quindi la cronicizzazione provocata dall’aver fatto terapia metadonica, cioè in parole povere non esiste il concetto “se inizi a prendere metadone non guarisci più, se ci metti la forza di volontà guairsci una volta per tutte”.
Mantenimento indica tecnicamente una fase del trattamento, ma è un termine che si usa per indicare il trattamento in generale. Con “mantenimento” non si vuol significare che la persona viene “mantenuta” in una condizione di dipendenza dal metadone, né che la persona è in qualche modo sostenuta mediante un farmaco sostitutivo dallo Stato. Il significato è il “mantenimento” dei risultati ottenuti mediante la prosecuzione del trattamento da cui questi dipendono. Il fatto che i risultati ottenuti, in termini di sintomi e soprattutto di riabilitazione, siano legati alla prosecuzione del trattamento, è vero per un lungo periodo.
Non esiste una durata della terapia definibile a priori. Una parte delle persone nel tempo riesce a mantenere i risultati ottenuti riducendo la dose. Una parte delle persone raggiunge un dosaggio minimo, ma senza questo inizia a funzionare peggio, ad avere sintomi di ansia, depressione o aggressività e rischia la ricaduta. Una parte delle persone dopo un periodo pluriennale mantiene nel tempo un buon adattamento sociale e individuale anche a dosi ridotte. I tassi di ricaduta dopo l’interruzione dei programmi rimangono tuttavia elevati quando l’interruzione corrisponde ad un’idea di “dover” smettere la terapia, in maniera più o meno graduale, non importa se con una procedura medica.
Si può fare una considerazione ulteriore: quando il mantenimento metadonico è stato inventato (anni ’60) il trattamento è stato iniziato per anni su tossicodipendenti gravi e socialmente disadattati. Oggi i trattamenti tendono ad essere iniziati prima, anche se spesso non durano a sufficienza e non sono condotti a dosi adeguate. E’ ipotizzabile che dopo un certo tempo (anni) di trattamento continuativo il rischio di ricaduta alla sospensione decada a livelli accettabili in un ragionamento di costo/beneficio. Quest’ipotesi è tuttavia ancora da verificare.
Non sarebbe uguale usare l’eroina in mantenimento ?
Assolutamente no. I programmi di “eroina di stato” sono dedicati agli “incurabili”, che è un concetto momentaneo, nel senso che al termine del programma una parte dei cosiddetti “incurabili” in realtà accetta di fare un programma diverso, e cioè di curarsi verso una riabilitazione con metadone o buprenorfina. Il programma di eroina rende inoffensivo il tossicodipendente sul piano sociale, ma non cambia niente altro. Non essendo la tossicodipendenza un problema di costo di una sostanza che piace più di ogni altra cosa, ma un problema di perdita persistente del controllo con incapacità di gestire la propria vita anche rispetto alla sostanza, avere eroina gratis non è una terapia per la tossicodipendenza.
La differenza tra oppiacei “che curano” e oppiacei “che ammalano” riguarda la sostanza o farmaco, cioè le sue caratteristiche, inclusa la via di somministrazione.
Questa è una delle cose meno note e meno discusse in tutti i dibattiti o le spiegazioni sulla tossicodipendenza. Ci sono sostanze che non inducono tossicodipendenza perché sono formulate in un certo modo, cioè hanno un’azione lenta. Una stessa sostanza può essere formulata in maniera da essere iniettabile, come ad esempio le amfetamine, e diviene in grado di indurre tossicodipendenza, mentre nelle formulazioni per uso orale questo non accade, anche se ci possono essere gravi danni cerebrali e psichici. Alcune sostanze, come la buprenorfina, se autogestite e iniettate diventano “eroine” alternative. Per questo l’azienda produttrice del Subutex ha messo a punto il Subuxone, privo di queso rischio perché formulato in maniera da funzionare solo per bocca in un senso terapeutico “lento”, e non in maniera “rapida” per altra via.
D’altro canto, esistono formulazioni di morfina a lento rilascio che sono state sperimentate con successo come alternativa al metadone. Niente a che vedere con l’eroina di stato, se mai una nuova “morfina terapeutica” per la tossicodipendenza”. Da noi ancora non è disponibile, ma non aggiungerebbe niente concettualmente.
Bibliografia
Principi clinici per l’utilizzo del metadone Consensus panel sul trattamento con metadone, Pietrasanta 2001. Estratto da Medicina delle Tossicodipendenze – It J Addict 34 – Marzo 2002 (disponibile on-line).
Maremmani, I. Pacini, M. Introduzione ai disturbi d’abuso di sostanze: patogenesi e principi di terapia, in Cassano G.B. e Tundo A. (a cura di), Psicopatologia e Clinica Psichiatrica, UTET, Torino, 2006.
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