Più raro è l’eccesso di sonno, che si verifica per lo più in alcune forme di depressione, indicate come atipiche, come sintomo residuo dopo fasi eccitatorie ormai esaurite, o come effetto collaterale di alcuni medicinali.
Al di là della abnorme durata (corta, ritardata, spezzata) del sonno la caratteristica del sonno depressivo è che non è ristoratore, spesso è agitato da incubi che rimangono molto “vivi” anche dopo il risveglio, come se avessero dato un’impronta angosciosa o di malumore alla giornata, o sogni che riproducono le preoccupazioni e i timori del giorno. Il risveglio, spesso anticipato all’alba, con pensieri ansiosi e angoscia rispetto al giorno che viene rende la notte un momento minaccioso, inutile per riposare ma invece illusione prima di un risveglio di fronte alle stesse paure e agli stessi pensieri negativi. Spesso la persona depressa cerca il sonno, anche artificialmente, per sfuggire al giorno, in cui non riesce a fare niente ed è costretta a pensare in maniera angosciosa, e quindi la sera può essere un momento di relativa tranquillità, che però svanisce dopo le prime ore notturne.
Il sonno ansioso può avere diverse alterazioni, ma è spesso causa di difficoltà ad addormentarsi e risvegli multipli con il pensiero dei problemi in corso, irrisolti, o delle cose che incombono per i giorni seguenti.
Vi è poi un quadro diverso, che non è tecnicamente insonnia, e cioè la “paura dell’insonnia”, o l’ansia notturna. Nel primo caso la persona è preoccupata di non riuscire a dormire, con la paura di non funzionare bene mentalmente il giorno dopo, di dover dormire per poter affrontare la giornata, di doversi addormentare entro una certa ora per timore di non addormentarsi più, e così via, il tutto in una ossessione di controllare il sonno che ovviamente non fa altro che ritardare l’addormentamento e facilitare la dipendenza da sonniferi.
L’ansia notturna corrisponde invece alla presenza di sintomi ansiosi anche in ore notturne, compresa quindi la difficoltà a far innescare un processo di sonno continuo, anche se di fatto la persona dorme ed è normalmente funzionante nelle ore diurne. I risvegli sono particolarmente angosciosi, agitati, spesso improvvisi e con incubi “vuoti” (cadere, soffocare, non riuscire a tornare indietro, fuggire etc) che sembrano una rappresentazione primitiva di uno stato di allarme.
L’insonnia è ovviamente il motivo principale di uso di farmaci con potere sonnifero. L’uso di questi medicinali per un periodo di diverse settimane genera spesso la “dipendenza da sonniferi”, ovvero la tendenza a usare questi prodotti con la convinzione di controllare il proprio sonno, nonostante abbiano di fatto esaurito la loro azione e il sonno sia sempre un problema. La dipendenza è generata da due elementi: il primo è che, dopo essersi abituati, la sospensione del sonnifero produce una (temporanea) sindrome di astinenza, che significa ansia e insonnia peggiore di quella iniziale. Anche se l’astinenza è transitoria, la persona è molto legata alla paura di non dormire e non facilmente riesce a farla passare, o a limitarla riducendo gradualmente ma confidando che tornerà a dormire normalmente senza sonnifero. La seconda ragione è che alcuni sonniferi sono in grado di “convincere” il cervello in maniera automatica della loro “bontà”, cosicché la persona li percepisce come un elemento senza cui non può stare, ufficialmente perché “senza non dorme”, ma in realtà perché ancor prima di sapere se dorme o meno, o anche se dorme male come prima, la testa dice che è meglio assumerli.
In gran parte dei casi le dosi si limitano a quelle “normali” previste dal foglietto illustrativo, ma in una parte dei casi si aumentano a dismisura, con effetti collaterali su umore, ansia, memoria e aggressività.
Una forma particolare di dipendenza da sonniferi, relativa ai sonniferi rapidi e a breve durata d’azione, è l’insonnia “da sonnifero”. Il sonnifero rapido è particolarmente gradito perché fa dormire inizialmente “a comando”, e se è a breve durata fa svegliare senza un effetto di rintontimento al mattino. Dopo le prime settimane però si verifica l’abitudine, cosicché prima di assumere il sonnifero la persona tende ad essere ansiosa, e quando l’effetto finisce tende a svegliarsi e ad essere ansiosa. Spesso a questo punto ne assume un’altra dose. Quando l’effetto della seconda dose finisce, l’ansia e il risveglio coincidono con la mattina ma il sonno spesso è comunque spezzato e non riposante, e durante il giorno l’ansia è maggiore. La persona in questo caso alterna una relativa normalità notturna (che però attribuisce all’effetto del farmaco) ad una astinenza diurna, che è poi bloccata dalla dose successiva alla sera. L’effetto vero è che il sonnifero copre la propria astinenza di notte, e di giorno no, per cui non ha più un suo effetto, e anzi può essere causa di un “su e giù” dello stato di allarme e di veglia che peggiora la qualità e la continuità del sonno spontaneo.
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